La Valle di Blenio rinasce ancora dalla Cima Norma
di Jacopo Ibello
C’è una valle a nord del Canton Ticino, in Svizzera, parallela alla trafficata Leventina che porta verso il San Gottardo, da cui sembra distante anni luce. Nella Valle di Blenio il traffico delle merci, dei turisti e dei pendolari è sconosciuto da quando, nel Medioevo, il Passo del Lucomagno perse la sua importanza avuta sin dall’epoca romana. Da allora possiamo dire che la valle sia entrata in un letargo da cui non si è ancora completamente svegliata.L’isolamento, tuttavia, non ha impedito ai suoi abitanti di sviluppare abilità e conoscenze, che però sono stati costretti per secoli all’emigrazione per potersi realizzare. La gastronomia è una di queste, con la figura prominente di Maestro Martino, il primo cuoco “VIP” della storia, protagonista della scena culinaria italiana del Rinascimento. Nei secoli successivi tanti bleniesi emigrarono in Europa e nel mondo, diventando celebri cuochi e ristoratori. Un’altra abilità messa a punto negli anni fu la lavorazione del cioccolato, con gli abitanti che nei mesi invernali partivano verso le città della Svizzera (e anche fuori) per praticare questo mestiere. Durante la rivoluzione industriale i cioccolatieri bleniesi aprirono diverse fabbriche di cioccolato, alcune di esse attive ancora oggi.
La posizione defilata di questa valle e l’assenza di un collegamento ferroviario diretto la resero estranea all’industrializzazione ma nel 1882, nonostante le avversità, nacque nel villaggio di Torre un birrificio. Qui il torrente Soja, scendendo dal massiccio dove, sul versante opposto, ha origine il Reno, si getta impetuosamente nel Brenno, il fiume che attraversa la Valle di Blenio. La rapidità del suo corso rappresentava una risorsa energetica importante, tanto che venne costruita una centrale elettrica nel 1903 accanto al birrificio.Lo stesso anno i fratelli Cima, partiti da Torre (come tanti altri) per avviare produzioni di cioccolato a Nizza e Milano, tornarono nel paese d’origine per fondare un’industria, lì dove tutto era partito. Ma i primi anni furono complicati, per le condizioni ambientali e infrastrutturali avverse: solo 5 anni dopo, una piena del Soja distrusse la centrale e la fabbrica.
Venne in loro soccorso un certo Giuseppe Pagani, che rappresentava l’altra anima della valle: era infatti diventato uno dei più importanti ristoratori di Londra dopo una lunga gavetta da cameriere. Investì la fortuna fatta col suo “Pagani’s”, frequentato dalle maggiori celebrità della capitale britannica, per rilevare l’ex birrificio e insediarci la fabbrica Cima. Negli anni precedenti si era anche speso per costruire una ferrovia che collegasse la valle con Biasca, dove passava la linea del Gottardo.
Pagani rimase così coinvolto nell’avventura industriale che, nel 1913, rilevò le quote dei fratelli Cima e, un anno dopo, acquisì il marchio Norma da una fabbrica fallita di Zurigo. Nemmeno un incendio scoppiato nel 1915, che distrusse interamente la Cima Norma, fermò Pagani, che ricostruì e ampliò l’azienda.
Nonostante le difficoltà la fabbrica era in crescita, sia come fornitrice dei negozi Coop e altri clienti che con il proprio marchio Norma. Negli anni ’60 la Cima Norma, guidata dagli eredi di Pagani, raggiunse l’apice del suo successo, impiegando 340 operai. La fabbrica, isolata dalle principali vie di comunicazione, offriva ai suoi dipendenti, in gran parte donne, alcuni servizi di welfare, come una pensione e una piccola chiesa. Nel momento migliore l’azienda entrò in crisi, colpita da una concorrenza sempre più forte e, nel 1966, dalla disdetta di fornitura delle Coop. Questo fu il colpo fatale che portò la società a interrompere la produzione nel 1968.
La fabbrica entrò in un lungo letargo, e con lei la valle a cui aveva dato lavoro per oltre sessant’anni. Solo di recente si è pensato che la Cima Norma possa diventare di nuovo un polo per la regione, da un punto di vista non produttivo, ma culturale. Per questo è stata creata nel 2016 la Fondazione “La Fabbrica del Cioccolato”, con lo scopo di utilizzare gli spazi del complesso per mostre ed eventi culturali.
Negli ampi spazi del complesso c’è posto anche per una piccola esposizione che racconta, attraverso documenti e cimeli, la storia aziendale della Cima Norma. Recentemente è stata riavviata la produzione del cioccolato di questo storico marchio seguendo le ricette originali.
Questo progetto avrà un ruolo chiave per rompere l’isolamento economico e culturale di questa parte della Svizzera, creando un polo di arte contemporanea in grado di dialogare col territorio e raccontarlo, rafforzando il valore identitario della Cima Norma, in linea con la sua storia di avventura industriale nata dalle abilità artigianali della popolazione locale.