Un patrimonio a futura memoria
di Mattia Zanotti
La dismissione (2002) è un romanzo che idealmente si pone come termine conclusivo della letteratura industriale, alla quale farà seguito una letteratura del dopo-industria o post-industriale. Ne La dismissione, infatti, viene raccontato lo smantellamento della più grande acciaieria di Napoli, l’Ilva di Bagnoli, «una fumifera città rossa e nera (la chiamavano Ferropoli) sovrastata
da un cielo incandescente, pieno di lampi». Uno smantellamento che, oltre a segnare il fallimento dell’impresa pubblica insieme a quello, conseguente, della classe politica e dirigente nel Sud Italia, sancisce anche la fine di una civiltà e di un’epoca intera, quella dell’industria tradizionalmente intesa.
Il romanzo in un misto di cronaca e finzione – «Tra verità e menzogna vi è un solo confine, quello dell’onestà» – è stato scritto da Ermanno Rea, ma la voce narrante è quella di Vincenzo Buonocore «(nome d’arte, se non vi dispiace), ex operaio, ex manutentore, ex tecnico d’area delle colate continue» e, al momento dello smantellamento delle “sue” macchine, incaricato di sovrintendere allo smontaggio. Il tecnico – in un precario equilibrio tra l’emotiva identificazione con la fabbrica e le macchine che «Vincenzo Buonocuore […] aveva tenute […] a battesimo» e la nevrotica volontà di poter controllare da una posizione dominante l’avvenimento della dismissione e della vendita degli impianti ai cinesi – racconta la propria meticolosa e maniacale operazione di smontatura degli impianti delle colate continue, il suo “capolavoro”, realizzato con un smontaggio bullone per bullone e attraverso una perfezionistica catalogazione informatica delle fasi lavorative.
La penna di Rea e la voce di Vincenzo Buonocuore, nel raccontare lo smembramento degli impianti dell’Italsider-Ilva di Bagnoli avvenuto negli anni ‘90, mescolano e combinano in una narrazione nostalgica e malinconica la dimensione biografica dell’ex operaio – «Mi sono impegnato a raccontarti la mia vita senza neanche l’ombra di una reticenza; a denudarmi innanzitutto come uomo: marito, padre, amante, macchina di pensieri e sentimenti quale ogni essere umano è» – e quella collettiva del quartiere di Bagnoli, legato alla fabbrica dell’Ilva da un forte senso di appartenenza. A fare da sfondo a entrambe le vicende, quella personale e quella comunitaria, appunto, c’è sempre la fabbrica. Una fabbrica che ha rappresentato un mito, bensì un mito caduco e ormai superato: l’Ilva di Bagnoli ha cessato la produzione, è stata chiusa e le sue strutture industriali sono destinate allo smantellamento:
«Scomparso “lui” […] non resterà più niente, o quasi. Fabbrica kaputt. Resteranno […] le strutture dell’acciaieria, […] l’officina meccanica […] e pochi altri capannoni o impianti che ancora non si sa […] se resteranno là dove sono, testimonianze a futura memoria».
A futura memoria, però, insieme agli edifici e ai luoghi – che sono fatti «dalle persone che li abitano e che raccontano le loro storie, tutto qui» – resta anche la narrazione di questo romanzo, e più in generale la narrazione di tutta la letteratura d’ispirazione industriale, con le sue parole, i suoi racconti e i suoi libri. È vero, è solamente letteratura, quindi non è altro che l’infinito racconto che gli uomini, continuamente, provano a fare di sé stessi e degli altri uomini, e del loro mondo. Può essere poco, ma può anche essere molto. In chi scrive, infatti, è salda la convinzione che «siano le storie più ancora dei numeri a doverci, oggi e domani, raccontare quello che sta accadendo a noi e alle nostre vite».
Bibliografia di riferimento
M. Marmo, Smontare con cura. Ermanno Rea e la «dismissione», in «Meridiana», 42, 2001, pp. 155-176.
E. Rea, La dismissione, Rizzoli, Milano 2002.
Immagine di copertina da www.lintellettualedissidente.it
Mattia Zanotti (Brescia, 1994) ha da poco conseguito la laurea magistrale in Filologia moderna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Appassionato di letteratura italiana, in particolare moderna e contemporanea, ha approfondito il tema della letteratura d’ispirazione industriale laureandosi con una tesi intitolata «Letteratura industriale e Sud Italia».