Celebriamo il centenario della più grande area industriale d'Italia

di Jacopo Ibello

Cosa resta, 100 anni dopo, del sogno della rivoluzione industriale veneziana? Vogliamo portarvi alla scoperta di Porto Marghera, una delle aree da sempre più neglette del nostro Paese, così vicina e allo stesso tempo lontana a una delle città più amate al mondo. La decadente Venezia, già avviata nell’Italia postunitaria a diventare lo specchio di sé stessa che oggi ben conosciamo, ebbe a inizio Novecento un improvviso scatto di modernità edificando la più grande area industriale, all’epoca, d’Europa. Lo fece strappando alle paludi grandi porzioni di terra dove scavare canali e costruire banchine. E poi le fabbriche, di ogni tipo, con la chimica a dominare su tutti. A volere più di tutti Porto Marghera fu l’imprenditore Giuseppe Volpi, noto all’opinione pubblica per aver voluto la Mostra del Cinema di Venezia, ma che, da potente proprietario della SADE (Società Adriatica Di Elettricità), vide nella realizzazione di un nuovo polo industriale, basato sulla chimica affamata di energia, un cliente strategico per le sue dighe alpine.Marghera è l’antitesi della Venezia lagunare. Entrambe si guardano l’una di fronte all’altra ma sembrano non comunicare. Se si esclude la distanza fisica sono infatti troppo lontane per tutto il resto. Già l’inquinamento e le malattie… ma anche il fatto che la prima ha i piedi ben piantati nella modernità, ha sviluppato nonostante tutto una propria storia è una propria identità in quest’ultimo secolo, mentre la seconda appare sempre di più come se nel secolo non ci sia mai voluta entrare. Stiamo parlando però della stessa città e continuare a dividere i due destini fa il gioco di chi non vuol vedere. In fondo, Porto Marghera è nata perché a Venezia il posto per le fabbriche era finito: già perché anche qui era in corso l’industrializzazione forsennata che caratterizzava la maggior parte delle città europee, con grandi stabilimenti che in parte possiamo ammirare ancora oggi sotto nuove vesti.C’era bisogno però di spazio per i grandi insediamenti e per un porto che fosse degno di questo nome. Marghera fu la risposta a questa necessità. Oltre alle fabbriche venne progettata anche una città dei lavoratori, dove oggi vivono meno di 30.000 persone (il 10% della popolazione veneziana), sul modello ideale, poi disatteso, della città giardino, come ci tengono a ricordare i cartelli stradali di benvenuto.

Negli ultimi anni stiamo assistendo alla riscoperta di questa città industriale. Fotografi professionisti e amatoriali hanno lavorato duro per restituire un’estetica anche a questo luogo, per troppo tempo considerato solo come una discarica. Laureandi e ricercatori si esercitano nelle loro tesi a disegnare un nuovo futuro tra le aree dismesse per Venezia città, non Venezia destinazione turistica. Questa, ormai imbrigliata a vita (o a morte) in mille vincoli, non offre spunti per la rigenerazione urbana. E anche noi di Save Industrial Heritage dobbiamo a questo complicato ma affascinante porto una certa riconoscenza. Qui infatti tre anni fa ci presentammo per la prima volta in pubblico con un’audace invasione notturna.Mentre leggete questa storia è probabile che le immagini che vedete nelle foto siano diventate storia, dato che Marghera sta conoscendo continue trasformazioni. Quello che c’è oggi domani potrebbe essere sparito o stato trasformato in qualcos’altro. Come nel caso dell’edificio che porta il nome del fondatore, la Centrale Termoelettrica “Giuseppe Volpi”, che a ottobre 2017 ha dovuto lasciare il posto a un polo per la logistica. L’impianto ha alimentato di elettricità le fabbriche circostanti dal 1923 per circa 90 anni. Al suo interno un famoso mosaico, che pochi fortunati hanno avuto la possibilità di immortalare, raffigura la pianta a volo d’uccello del porto con le fabbriche e il sistema idroelettrico della SADE che doveva alimentarlo. Si legge anche una frase emblematica di Volpi:
“È Porto Marghera l’avvenire mercantile sicuro di Venezia e la sua più grande difesa per l’incolumità artistica delle antiche isole che tanto amiamo”.
Questa centrale è anche una delle contraddizioni di Marghera. Il sogno, autarchico, dell’acqua come oro bianco che avrebbe annullato la dipendenza energetica era, appunto, un sogno. La risorsa naturale non poteva garantire una fornitura sicura e costante per le industrie, così venne costruito questo impianto termoelettrico a carbone. Negli anni ’60 venne addirittura affiancato da una centrale ancora più grande e potente, dedicata niente di meno che ad Andrea Palladio e oggi una delle poche alimentate a carbone ancora attive in Italia, dopo il grande piano di dismissione dell’ENEL negli ultimi anni.

Dismissione è stata la parola d’ordine a Marghera recentemente, assieme a bonifica, riqualificazione… Spesso si parla di questo luogo come un cimitero, ma resta uno dei più importanti poli industriali italiani. Significativo è il fatto che la sua fabbrica più “antica”, nonché quella forse più legata alla tradizione produttiva di Venezia, sia ancora attiva. Parliamo dei cantieri navali gestiti oggi dalla Fincantieri, che vennero costruiti dalla Breda a partire dal 1917 e completati nel 1923. Fino agli anni ’80 produssero prevalentemente navi militari, oggi sono uno dei poli di riferimento mondiale per la crocieristica.

Un altro “bastione” di Marghera è il gigantesco mulino, aperto nel 1926 dalla Chiari & Forti di Silea, produttrice del famoso Olio Cuore. Dal 1978 questo colosso, primo in Italia e tra i più grandi d’Europa, fa parte del gruppo Grandi Molini Italiani. Saltuariamente è possibile anche visitarlo durante speciali eventi di “porte aperte”.
Vi sono poi le industrie chimiche, ragione di nascita e fonte di irrisolti problemi per Marghera. Nonostante chiusure e riqualificazioni degli impianti, questo rimane ancora il principale polo della chimica italiana.

Porto Marghera lo puoi esplorare a piedi oppure in barca. Non mancano infatti le “gite” in vaporetto che portano alla scoperta di questa “Venezia delle fabbriche”, dove il Canal Grande appare improvvisamente minuscolo e ai palazzi orientaleggianti si sostituiscono camini, gru e giganteschi silos. Qui le grandi navi sono la norma e, ovviamente, nessuno si oppone alla loro presenza. Anzi, si spera in futuro di portarne ancora di più. Conoscere Marghera dall’acqua è un’esperienza (visiva, uditiva e persino olfattiva) completamente diversa rispetto a una passeggiata. Si vedono da vicino strutture che altrimenti risultano lontane o nascoste da muri. Si percepisce di più la natura di “porto industriale” che rimane la vocazione principale di questo complesso.

Com’è noto, sono tantissime le aree dismesse, spesso anonimi capannoni, talvolta pregevoli opere di architetture industriali. Questo non basta purtroppo a salvare bellissime strutture che si trovano a dover far posto alle nuove esigenze del porto, come la famosa fabbrica di alluminio SAVA, immortalata da tanti fotografi ed esploratori urbani.
Questi ultimi hanno svolto un ruolo fondamentale nel riaccendere i fari sul patrimonio industriale abbandonato e spesso in pericolo. Le rovine di Marghera, testimoni del grande balzo in avanti del Paese, dell’ingegno e della fatica di chi a quel balzo ha contribuito in prima persona, oggi hanno riacquisito una dignità storica e anche estetica. 
Degni di nota sono soprattutto i tanti paraboloidi una volta al servizio delle industrie chimiche, come quelli per immagazzinare i concimi, oggi costole di cemento diventate un po’ il simbolo dell’archeologia industriale veneziana.

Non mancano le idee ai tanti studenti e ricercatori, soprattutto del vicino IUAV, per recuperare e valorizzare l’enorme patrimonio dismesso di questo porto. Diversi sono già i progetti in atto o portati a termine, talvolta dall’esito controverso. Idee magari innovative ma non arrivate a conclusione, come la torre di raffreddamento della Vetrocoke Azotati che doveva ospitare un ristorante ma i cui lavori si sono fermati a metà…

Porto Marghera, a 100 anni dalla sua fondazione, è un paesaggio in continua evoluzione, tra una vocazione industriale legata alla tradizione e la ricerca di un nuovo futuro che, molto probabilmente, integrerà differenti identità. Di sicuro è percepibile un ecosistema in trasformazione, che pare distante ben più di un tratto di laguna dalla madrepatria sotto la sua bolla di cristallo. Eppure i destini di Marghera e Venezia restano indissolubilmente legati.
In occasione del centenario è stato aperto il portale www.portomarghera100.it, dove è possibile partecipare a itinerari guidati e proporre iniziative per celebrare la storia e i luoghi di Porto Marghera.