Attraverso le Alpi sulla ferrovia più audace d'Europa

di Jacopo Ibello

Alla fine ho fatto anch’io come Pikachu!
Quest’estate le due linee simbolo della Ferrovia Retica, Albula e Bernina, Patrimonio UNESCO, mi hanno aperto le porte della Svizzera per un viaggio di oltre 20 giorni alla scoperta della Confederazione e del suo patrimonio industriale.
Ovviamente avevo già preso di mira la Ferrovia Retica ben prima che il mostriciattolo giapponese si prestasse per scopi promozionali. I trenini rossi che si inerpicano per i passi e le valli alpine attraverso strettissime curve e audaci viadotti sono nell’immaginario di ogni appassionato di archeologia industriale. E, come dice Pikachu nello spot, il treno in questo caso non è solo un mezzo, ma è esso stesso parte della meta.La prima tappa del viaggio è la Ferrovia del Bernina, che collega la nota località turistica di St. Moritz, nel Canton Grigioni in Svizzera, con la bella cittadina lombarda di Tirano, in Italia. Le tre valli collegate dalla linea (Engadina, Valposchiavo e Valtellina) vantano relazioni culturali ed economiche antichissime grazie alla via di comunicazione del Passo del Bernina, utilizzata sin da tempi preistorici. Queste non si sono interrotte né dopo la separazione della Valtellina dalla Confederazione Svizzera nel 1797, né con la messa in secondo piano della rotta da parte altri passi alpini come il San Gottardo e il Brennero.
Certo è che quest’ultimo fenomeno determinò una profonda depressione economica della regione e la conseguente emigrazione di numerosi abitanti. Ma a salvare queste valli arrivò il turismo degli inglesi, che scoprivano a fine Ottocento le ancora selvagge Alpi svizzere. Il Canton Grigioni decise di investire in maniera determinata in questo settore, dotandosi di infrastrutture adeguate sia per collegare le proprie valli altrimenti pressoché isolate, che per portare i turisti alla scoperta dei suoi meravigliosi paesaggi.

Il treno del Bernina all'Alp Grüm (foto da The Brown Boveri Review, August 1929 http://photo.proaktiva.eu/?pict=historic_bw/071008_00)

Il treno del Bernina all’Alp Grüm (foto da The Brown Boveri Review, August 1929 http://photo.proaktiva.eu/?pict=historic_bw/071008_00)

La Ferrovia del Bernina ebbe ovviamente un ruolo chiave in questo processo. Fu costruita tra il 1908 e il 1910 seguendo precise indicazioni progettuali frutto di esigenze economiche, culturali e anche ambientali, spesso intrecciate tra loro. Queste ultime erano già radicate all’interno delle comunità locali (probabilmente anche perché ciò che cercavano i turisti, unica risorsa economica, era un ambiente incontaminato).
Il percorso tortuoso, a volte eccessivamente arzigogolato, è dovuto all’impossibilità di utilizzare una cremagliera, adatta a piccoli convogli, poiché la ferrovia era pensata non solo per i passeggeri, ma anche per il traffico merci. Questo, insieme alla concezione panoramica data da subito dai progettisti, ha forgiato sin da subito il carattere unico della Ferrovia del Bernina. I viadotti e altre opere furono realizzati con materiali locali, un modo per aumentare la ricaduta economica sul territorio, ma anche a causa di un’avversione nei confronti dell’acciaio che, a detta dei locali, avrebbe deturpato eccessivamente il paesaggio. Siamo pur sempre in un cantone in cui il traffico automobilistico rimase vietato fino al 1925.

Costruzione di un ponte sul Cavagliasco in Valposchiavo, 1900. Foto di Francesco Olgiati http://www.swissinfo.ch/ger/multimedia/die-geburt-einer-bahnlinie/8808312

Costruzione di un ponte sul Cavagliasco in Valposchiavo, 1900. Foto di Francesco Olgiati http://www.swissinfo.ch/ger/multimedia/die-geburt-einer-bahnlinie/8808312

A completare il carattere autoctono dell’opera, c’è la forza motrice. La linea fu pensata da subito a trazione elettrica a corrente continua. L’elettricità proviene dai numerosi bacini naturali e artificiali la cui acqua viene convogliata in centrali idroelettriche. Possiamo dire che la Ferrovia del Bernina sia in gran parte un prodotto del territorio, materiale e culturale, in cui gli abitanti si identificano con orgoglio. Ancora oggi dal suo successo dipende buona parte della ricchezza delle valli da essa attraversate.

Un treno merci transita davanti al Grand Hotel Le Prese http://www.historic-rhb.ch/st-moritz-tirano-693.html

Un treno merci transita davanti al Grand Hotel Le Prese http://www.historic-rhb.ch/st-moritz-tirano-693.html

In un breve viaggio fotografico vi accompagnerò alla scoperta di questa ferrovia che gentilmente segue i paesaggi che incontra, quasi come una comune strada di montagna. La partenza è a Tirano, una bella cittadina situata alla confluenza del Poschiavino nell’Adda (e quindi della Valposchiavo nella Valtellina). Il luogo più frequentato è sicuramente la Piazza Stazione, dove la linea proveniente da Milano e dal Lago di Como incontra il capolinea sud della Ferrovia del Bernina.
Nonostante le dimensioni ridotte, l’importanza storica di Tirano come snodo di comunicazione tra le Alpi e l’Italia è evidente anche nel suo complesso scalo ferroviario. Turisti e pendolari si mischiano nelle due stazioni di Trenitalia e della Ferrovia Retica, mentre nello scalo merci ferve lo scarico del legname proveniente dalla Svizzera. Alcuni edifici di quest’ultimo, ormai in disuso, sono stati recuperati come strutture commerciali e di ristoro.

Nella stazione della Ferrovia Retica è possibile ovviamente ammirare da vicino, per gli appassionati, i caratteristici locomotori e carrozze di questa compagnia. Dalle classiche automotrici ai modernissimi elettrotreni soprannominati “Allegra”, in omaggio al saluto romancio. Questi ultimi, il cui design ricorda vagamente uno stambecco, simbolo dei Grigioni, rappresentano una rivoluzione nel microcosmo della Ferrovia Retica: potendo viaggiare sia a corrente continua che alternata sono utilizzabili sia sulla linea del Bernina (CC) che sul resto della rete (CA). Questo ha accorciato notevolmente i tempi di percorrenza evitando i cambi di locomotori nelle due stazioni comuni (Pontresina e St. Moritz).
Ci sono poi le famose carrozze panoramiche, utilizzate sul treno turistico Bernina Express, e i curiosi vagoni “cabriolet” gialli ricavati riciclando dei carri merci costruiti a inizio ‘900. Il giallo era il colore ufficiale della Ferrovia del Bernina prima che questa venisse incorporata nella Ferrovia Retica nel 1944.

Partiti da Tirano si incontra subito il motivo più ambito dai fotografi: il trenino rosso passa come un tram al suono della campanella in mezzo al traffico, con alle spalle il cinquecentesco Santuario della Madonna di Tirano. Questa vista è ovviamente più apprezzabile a piedi, cercando un posto in prima fila davanti alle auto in attesa al passaggio a livello. Si può anche seguire il tracciato ferroviario attraverso un apposito sentiero, la Via Albula/Bernina, creato proprio per ammirare da vicino la linea e le opere annesse. Da Tirano il sentiero parte alle spalle del santuario, inerpicandosi tra i vigneti fino all’antica chiesa di S. Perpetua, risalente al XI secolo, per poi inoltrarsi nel bosco sovrastante il Poschiavino. Nel frattempo il treno costeggia quest’ultimo avviandosi a lasciare l’Italia. Prima della dogana incontra, dall’altro lato del fiume, la struttura imponente dell’albergo di confine “Castello di Piattamala”, abbandonato. Ad accoglierci in Svizzera c’è il borgo di Campocologno, con una stazione e l’annesso caffé tipicamente decorati da graffiti. Il piccolo villaggio dipende dal traffico di confine di uomini e merci, come dimostra un vagone eretto a monumento lungo la via principale.

Se si arriva a Campocologno dal sentiero, uscendo dalla foresta si incontra la condotta forzata che alimenta con le acque del Lago di Poschiavo la locale centrale idroelettrica, una delle più importanti per la Ferrovia del Bernina. Il ricercato edificio di inizio secolo ha purtroppo lasciato il posto negli anni ’60 a uno più “freddo” e funzionale.

Dopo Campocologno si raggiunge Brusio attraverso l’opera più famosa della linea: il Viadotto Circolare. Questo ponte in pietra a spirale, che sembra un plastico ferroviario a grandezza naturale, serve a innalzare (o abbassare, a seconda della direzione) i binari di 10 metri nell’arco di uno spazio ristretto, mantenendo la pendenza del 7%. Se non fosse così, il treno slitterebbe in salita o diverrebbe incontrollabile in discesa. Il viadotto, vero monumento dell’ingegneria, è apprezzabile sia seduti a bordo che anche “da terra”: all’interno della spirale è stato creato un piccolo parco, con sculture moderne al centro.

Brusio è un grazioso paese, un po’ dormiente, situato a metà tra il confine italiano e il Lago di Poschiavo. Dalla sua stazione si percepisce la ripidità della valle, con il treno che si dirige verso nord percorrendo stretti tornanti. Siamo a 780 m., il lago è quasi a quota 1.000 a solo 2,5 km di distanza.

Quest’ultimo compare poco prima della stazione, nomen omen, di Miralago. Creato da una frana che ha sbarrato il corso del Poschiavino, il bacino è importante sia per il turismo che per la produzione di energia elettrica. Il paese da cui prende il nome, Poschiavo, è il grazioso capoluogo della valle, avamposto della Riforma protestante in terra italiana. Nell’Ottocento, i suoi abitanti emigrarono in mezzo mondo esportando l’arte pasticcera radicata qui da secoli. Ritornarono molto più ricchi e abbellirono il paese con eleganti ville, che i locali chiamano “Palazzi”.

Poschiavo è anche la stazione più importante della Ferrovia del Bernina a sud del passo, centro di controllo di questa parte della tratta. Dopo Poschiavo inizia il tratto più complesso e spettacolare, da un punto di vista costruttivo: in meno di 20 km infatti il treno scala altri 1.000 m per arrivare al passo. Per compiere questa impresa la ferrovia si arrampica sulla montagna attraverso curve a 180°, viadotti di pietra su torrenti, tunnel.
Dopo la pittoresca stazione di Cavaglia, a quasi 1.700 m, il treno raggiunge uno dei punti panoramici più spettacolari: l’Alp Grüm. Dal belvedere della stazione si gode di un panorama che spazia dalla Valposchiavo, col suo lago e lo sbocco in Valtellina, al Ghiacciaio Palü che alimenta l’omonimo lago.


Il treno sale ancora a oltre 2.000 m e, dopo aver passato la Diga di Scala, raggiunge le sponde del Lago Bianco, un bacino artificiale che deve il nome alle tonalità dell’acqua, proveniente dal Ghiacciaio del Cambrena. Il treno costeggia il lago e arriva alla stazione Ospizio Bernina, il punto più altro della ferrovia a 2.253 m.


Ora comincia la discesa verso St. Moritz. Dopo il Lago Bianco si trova il Lej Nair (Lago Nero in romancio), un laghetto naturale che rappresenta un confine importante: tra i due bacini corre lo spartiacque tra il Mare Adriatico e il Mar Nero, tra l’Europa del Sud e del Nord. Non è solo un confine idrografico, ma anche linguistico tra l’Europa latina e germanica.La diversità linguistica è un tratto identitario dei Grigioni, unico tra i 25 cantoni a essere ufficialmente trilingue. Una Svizzera nella Svizzera. Accanto all’italiano e il tedesco si parla anche il romancio, una lingua di origine latina con reminiscenze celtiche e retiche, simile al ladino e al friulano. Anche la Ferrovia Retica rispetta questo plurilinguismo nei loghi e negli annunci.

La Ferrovia Retica in romancio.

La Ferrovia Retica in romancio.

Dopo le stazioni del Bernina il treno affronta la curva di Montebello, dove si separa dalla strada del passo, e apre ai viaggiatori una vista incredibile sul Ghiacciaio del Morteratsch. Le brulle praterie alpine lasciano il posto ai boschi e, tra gli alberi, cominciano a stagliarsi le sagome Belle-Epoque degli alberghi di Pontresina. La cittadina è considerata la capitale dell’alpinismo e attira da fine ‘800 appassionati di scalata da tutto il mondo. Alcuni dei suoi lussuosi alberghi, edificati un secolo fa, sono classificati monumento nazionale. La stazione di Pontresina è uno degli snodi principali della Ferrovia Retica, dove la rete storica si incontra con la linea del Bernina. Di conseguenza c’è sempre un gran traffico di passeggeri e di merci. Quest’ultimo trasporto ha un ruolo importantissimo per l’economia di queste valli, che grazie alla capillarità della ferrovia non restano mai a corto di beni essenziali come prodotti freschi e combustibili. Allo stesso tempo la ferrovia è un mezzo per esportare i prodotti locali, non gravando troppo sulla rete stradale già trafficata.Lasciata Pontresina entriamo in Engadina “salutati” dal campanile diroccato della chiesa di S. Gian. Superata Celerina il treno entra in un tunnel costruito per non disturbare troppo il Bosco di Staz. All’uscita un viadotto sul fiume Inn ci accoglie nella rinomata St. Moritz, sinonimo da anni di lusso ed esclusività.

Concludiamo con il famoso annuncio in romancio di fine viaggio:

“Stimedas damas, stimeds signuors, nus rivains a San Murezzan, staziun finela. Il personnel dal tren cumplicha a tuots ils viagiatuors da sortir dal tren e pigli cumgio dad els.”
“Gentili Signore e Signori, siamo giunti a St. Moritz, la stazione finale. Il personale del treno invita tutti i viaggiatori a scendere dal treno e prende da voi congedo.”

Vi diamo appuntamento alla prossima tappa sulla Ferrovia Retica: la Linea dell’Albula! Allegra!